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Fi-Bo in bicicletta?

“Nella giungla d’asfalto, il risciò supera le auto, s’infila in mezzo alle corsie, prende le scorciatoie. Emissioni di CO2: zero. Inquinamento acustico: zero, … E’ un esempio fra tanti di “consumo frugale” che ci viene dall’Asia.”
Il nuovo libro di Federico Rampini, dal titolo “Slow Economy – Rinascere con saggezza” usa il risciò come metafora di un futuro dove la frugalità (o la decrescita, per dirla con Maurizio Pallante) sarà la traiettoria che l’economia dovrà seguire.
Da New York, a Berlino passando per Londra la diffusione dei risciò come mezzo di trasporto alternativo al taxi, è fenomeno affermato da tempo. A Firenze invece la locale emanazione della Fiab ha dovuto raccogliere duemila firme e consegnarle al sindaco Renzi per chiedere il riconoscimento da parte delle istituzioni locali di questo mezzo di trasporto a impatto zero e il suo inserimento nel novero dei mezzi di trasporto pubblici.
Un’occasione per dare gambe a quei nuovi lavori che in tanti si aspettano dalla cosiddetta green economy e che invece faticano ad affermarsi come dimostra la vicenda che ha visto coinvolto Carlo Mori, il “pedalatore” di risciò a cui la Polizia Municipale di Firenze, l’8 novembre scorso, ha sequestrato il mezzo dopo che era stato “bloccato” dai tassisti presenti in piazza Santa Maria Novella, 2009. Guardate qui sotto il video e leggete ubito dopo una modesta proposta.

Proposta: vista la recente liaison tra Bologna e Firenze finalizzata a un capodanno in comune forse è il caso di cominciare a pensare in modo congiunto anche le esigenze ciclistiche. Per consentire ad esempio il trasporto della bicicletta su quella tratta non proprio agevole da questo punto di vista visto che attualmente per andare a Firenze con la bici al seguito ci si impiega circa due ore con cambio a Prato.

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  1. aggungiamo anche pescara? con bologna la sottile linea del fuori sede ha tracciato da tempo contatti… a parte lo scherzo: potrebbe essere l’idea di una coalizione di cittaddini sensibili ai temi in questione. e poi Fi-Bo-Pe suona bene, no? saluti!

  2. Più complesso il problema della sicurezza, che Hurst affronta senza falsi pudori e senza negare che in effetti la citi cards bicicletta è statisticamente più pericolosa dell’auto, ma sostenendo che il ciclista (e qui siamo completamente d’accordo) è il solo vero responsabile della sua sicurezza, e che un adulto, esperto e cosciente dei rischi che corre, può cavarsela benissimo circolando in bici per tutta la vita senza incidenti superiori all’occasionale sbucciatura.
    american express Dal libro si ricava anche uno spaccato del dibattito che caratterizza la ciclabilità americana, per esempio si viene a conoscenza di un certo John Forester, ingegnere del Mit, che da molti anni negli Usa teorizza come massimo della sicurezza il cosiddetto “ciclista veicolare” il quale si comporta, e viene trattato dagli altri utenti della strada, come se financial planning guidasse un’auto, e quindi non ha bisogno di speciali corsie ma deve solo tenere la destra.
    Hurst avversa questa teoria portando numerosi argomenti contrari, anche se poi dichiara anche lui di non essere un particolare sostenitore delle piste ciclabili chicago investment property “all’europea”, dove per Europa si intende quella a nord delle Alpi naturalmente. 

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