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E se tornasse il nevone?

Prima di questa dello scorso febbraio l’ultima grande nevicata bolognese avvenne nel 1985, quasi trent’anni fa, e quella precedente negli anni Cinquanta, una trentina d’anni prima. Qualcuno da questi numeri sembra aver tratto la certezza che anche la prossima avverrà tra trent’anni o giù di lì, e dunque è inutile preoccuparsene ora. Purtroppo le cose non stanno affatto così: da alcuni anni in inverno l’emisfero nord viene flagellato da ondate di freddo anomalo che colpiscono un po’ a casaccio, ora la Gran Bretagna, ora la Germania, ora gli Stati uniti.

Dietro questo fenomeno c’è paradossalmente il riscaldamento imponente delle regioni artiche (Luca Lombroso notava di recente che mentre da noi nevicava, alle isole Svalbard pioveva…) e il conseguente rilassamento della corrente a getto, che ha il compito di contenere il freddo artico appunto nei paraggi del polo. Questa grande corrente d’aria tende da qualche tempo a venir meno al suo mestiere sempre più di frequente, allargandosi in grandi saccature verso meridione. Diversi lavori scientifici recenti hanno analizzato il fenomeno, dimostrando con una certa robustezza che il “nevone” di febbraio, propaggine meridionale della bolla artica che ha stazionato per settimane sull’Ucraina (dove ha fatto centinaia di morti), è una strana manifestazione del nuovo clima, quello del riscaldamento globale generato dall’uomo.

Questa lunga premessa serve a invitare chi in comune si occupa di “piano neve” a non dimenticare subito le amare lezioni imparate di recente, in particolare sul piano dei costi e dell’organizzazione. Immaginiamo infatti che nel 2013 di “nevone” ne venga un altro, sarà forse il caso di programmare diversamente gli interventi?

E, visto che chi scrive appartiene alla categoria delle persone che per Bologna si spostano prevalentemente in bicicletta, categoria che il comune considera essenziale per diminuire traffico e inquinamento, non sarà anche il caso di pensare allo sgombero delle piste ciclabili, o quanto meno di proteggerle da chi ha voluto usarle come deposito per la neve rimossa dalle strade?

A Bologna la neve dalle strade, a caro prezzo, la rimuove (in verità la sposta) il comune. Quella sui marciapiedi è di competenza dei condomini (e qui ci sarebbe da aprire un lungo capitolo per chiedersi come mai il comune non abbia imposto lo sgombero a tutti, a suon di diffide e multe). Da qualche anno a Bologna esiste una terza infrastruttura per la mobilità oltre alle due precedenti, una rete, sia pur ancora frammentaria e incompleta, di piste ciclabili.

Quando nevica a Copenaghen la prima cosa che viene pulita dal comune sono appunto le piste. Questo evita che i cittadini ciclisti (il trenta per cento del totale!) ricorrano all’auto o sovraccarichino i mezzi pubblici mettendo in ginocchio la mobilità. La neve viene aspirata dalle piste con apposite turbine e riversata in rimorchi o camion che poi la buttano a mare.

Senza arrivare a pretendere questo servizio, sarà almeno il caso di mappare tutte le piste esistenti a Bologna e domandarsi quale sistema di pulizia della neve adottare caso per caso? Un esempio, la pista di via del Chiù: qui c’è abbastanza spazio per passare con un veicolo aspirante che scarichi la neve nel canale di fianco. Lo stesso dicasi per la pista sui viali di fronte al S. Orsola, dove la neve si può ammucchiare nell’aiuola di fianco alla pista. La pista di via Castiglione invece richiede la rimozione, dato che la neve lì non si può né buttare sul marciapiedi né sulle auto posteggiate a lato. E così via, tenendo conto che organizzandosi bene, si può anche contare sull’aiuto volontario delle associazioni, che per esempio potrebbero, se dotate di opportune attrezzature, contribuire a costo quasi nullo alla pulizia delle piste dalla neve.

Forse è il caso di parlarne subito ora che è primavera, prima che il bel tempo dell’estate ci distragga del tutto.

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