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Memorie di una bicicletta

In my beginning is my end
in my end is my beginning

T. S. Eliot

Mi chiamo Cinzia e sono stata la prima bicicletta di Bibì Bellini.
Sono nata in provincia di Bologna alla fine degli anni ‘60. Ero l’orgoglio di Giuseppe Bombi, il mio “papà”, e si può dire che sono stata anche la sua fortuna. Lui purtroppo ci ha lasciato l’anno scorso: aveva 76 anni. Ho saputo però che il figlio Maurizio non è da meno di suo padre e questo mi riempie di gioia.
Ai miei tempi il modello da seguire era la Graziella e un po’ tutte noi ci vestivamo più o meno come lei. Mica solo io. C’era anche Annabella, la Susy, la Sabrina e anche il signor Bianchi s’era inventato la sua bici pieghevole che si chiamava Aquiletta.
Devo essere onesta, la Graziella un po’ la invidiavamo. Gran bella bici, niente da dire: pieghevole, robusta, con corona da 52 e freno a contropedale. Eppure, qualche difettuccio lo aveva anche lei. Intanto piegata era più ingombrante di me e poi c’era la questione del fanale anteriore. Ve lo ricordate il fanale della Graziella? Era agganciato davanti al telaio della bici e rimaneva quindi fisso nella stessa posizione anche quando ti toccava sterzare. Il risultato era un’illuminazione perfetta per tragitti in rettilineo, un po’ meno in caso di curve.
Ma non è di quegli anni che voglio parlarvi e neppure della Graziella. Voglio raccontarvi di Bibì, il mio primo ciclista.

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0 Comments

  1. Caro Bibi,

    anche per me la Cinzia è stata la mia prima bicicletta, anche per me al sud, a Grottaglie (TA), quella su cui ho imparato di avere dentro il senso dell’equilibrio su due ruote, cosa che non avrei immaginato a quell’età. Quando stavo imparando, di notte sognavo di riuscire a pedale spedito perfettamente in equilibrio. Dopo due-tre notti di questi sogni all’improvviso, un giorno, per strada, mi sono accorto di riuscire a stare sulla mia Cinzia senza cadere. Ho imparato a pedalare sognando. Magia della bici, o della mia Cinzai verde che mi fu poi rubata ma che resterà per sempre La Mia Bicicletta.

    Complimenti per il tuo commovente racconto che ha riportato a galla questo bel ricordo.

    Un caro saluto

    Beppe

  2. Ciao bibì,
    molto tenero e divertente il tuo racconto, grazie. Non mi ricordo bene la mia prima bici, forse fu una di quelle piccole da bimbo, con le ruotine che non toccano mai contemporaneamente a terra, costringendo il mezzo ad un incedere un po’ claudicante. La prima bici “seria” mi sa che fu anche per me una graziella-like, l’originale era per pochi fortunati, arancio.
    Ti dedico il testo di questa bella canzone, mi pare che ci stia bene:

    Zippin’ up my boots,
    Goin’ back to my roots,
    Yeah,
    Take the place of my birth,
    Back down to earth,
    I’ve been standin’ in the rain,
    Drenched and soaked with pain,
    Tired of short time benefits,
    And bein’ exposed to the elements,
    I’m homeward bound,
    Got my head turned around,
    Zippin’ up my boots,
    Goin’ back to my roots,
    Yeah,
    To the place of my birth,
    Back down to earth,
    Ain’t talkin’ ‘bout no roots in the land,
    Talkin’ ‘bout the roots in the man,
    I feel my spirit gettin’ old,
    It’s time to recharge my soul,
    I’m zippin’ up my boots,
    Goin’ back to my roots,
    Yeah,
    To the place of my birth,
    Back down to earth,
    Zippin’ up my boots,
    Goin’ back to my roots,
    To the place of my birth,
    Back down to earth.

    (Lamont Dozier – Going back to my roots 1976)

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