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Bicycle Diaries di David Byrne

Un mese fa abbiamo annunciato l’imminente uscita di Bicycle Diaries l’ultimo libro di David Byrne e chiesto la disponibilità a recensirlo.
Ci ha pensato, con una rapidità che le fa onore, l’architetto Paola Bianco. Ecco la sua recensione che è di fatto una vera e propria anteprima.
Siamo abituati a conoscerlo per le sue performance musicali e artistiche, ma chi va in bici sa anche della sua passione per bicicletta che lo porta anche a dispensare consigli.  Stiamo parlando di uno dei musicisti ed artisti americani più influenti della sua generazione: David Byrne.
Da qualche giorno è disponibile negli USA e in GB il 7° libro di questo newyorkese di origini scozzesi.
Di libri di viaggio a pedali personalmente ne ho affrontati diversi. Molti hanno come caratteristiche comuni lo spirito puro per l’avventura, gli itinerari interminabili attraverso i continenti, lo sforzo fisico e la sofferenza per le condizioni climatiche avverse, le situazioni rischiose ecc.
Questo si distingue dagli altri. L’autore è un ciclista fondamentalmente urbano – lo si può incrociare agevolmente, per le strade di New York magari “armato di telecamera“- ma il suo sgurdo è forse il più globale che ci sia:  in ogni capitolo, infatti,  si salta da un capo all’altro del pianeta.
Byrne si occupa infatti di descrivere una serie di città variamente sparse sul globo – Berlino, Istanbul, Buenos Aires, Manila, Sydney, Londra, San Francisco, NY-, e di raccontarci le sue impressioni sulla ciclabilità di quei luoghi e naturalmente, paesaggi rilevanti, incontri particolari, musica, gastronomia ecc.
Si tratta perlopiù di brevi itinerari, alla scoperta di sobborghi urbani e di luoghi caratteristici dal punto di vista storico, culturale, naturalistico ecc.
Facciamo un  piccolo passo indietro, l’autore ha iniziato a compiere queste esplorazioni su due ruote una ventina di anni fa, quando ha scoperto in tour quanto potesse essere interessante e rilassante scoprire le città attraversate per lavoro con questo mezzo di trasporto. Da quel momento, il suo tour book non è stato più fitto solo di impegni lavorativi e nel suo equipaggiamento di viaggio ha trovato posto una  bici pieghevole da dispiegare all’occorrenza.
I luoghi e gli incontri sono in larga parte legati agli interessi artistici dell’autore, che esponendo spesso anche come artista visivo, non manca di frequentare gallerie d’arte, musei e tutte quelle mete bizzarre che possano suscitare la sua curiosità e fornirgli idee nuove per progetti da sviluppare.
Da questo libro scopriamo che: anche NY è piena di buche (chi l’avrebbe mai detto!); il nostro considera paradisiaca – proprio come facciamo noi! – la situazione dei paesi del nord Europa (Olanda e Danimarca in testa); evita le grandi strade a favore delle piccole (sia per motivi di sicurezza che per il diverso interesse che presentano); considera più facili da percorrere le città con pianta a scacchiera ed infine… evita le salite!
Byrne non manca di fare considerazioni sferzanti, da buon intellettuale newyorkese e globale, sull’insensata politica di Bush – sia all’estero che in casa propria -, di inserire interessanti elucubrazioni sui processi sociali ed urbanistici che hanno dato forma alle metropoli che visita ed anche di segnalare momenti di personale epifania, come quando si trova nella notte nel deserto australiano, la cui bellezza lo fa esplodere in un pianto a dirotto.
Mancano nell’elenco di città attraversate, e pertanto giudicate maggiormente ciclabili, le città italiane. Sarebbe stato curioso leggere il suo punto di vista su Milano o Bologna o Roma (quest’ultima, a dire il vero, viene citata brevemente). Con tutta evidenza però, queste città non “parlano” nel modo giusto all’autore…
In conclusione, una lettura sicuramente consigliata a chi ammira già questo artista e si sente in sintonia con le sue passioni. Peccato solo che l’edizione italiana del libro sia prevista, a cura di Bompiani, per il 2010 !

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