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Il Gilet di sicurezza

Un abbozzo di primavera, ed ecco le biciclette moltiplicarsi. Anche se la primavera irlandese è bizzosa e cambia subito d’abito e non sai mai che tempo possa fare nella prossima mezz’ora, nelle ultime settimane i nostri inviati hanno notato un incremento di biciclette in strada. Biciclette di vario tipo, e ciclocittadini di vario tipo.
Ci sono gli specialisti del pedale, quelli che pedalano con sicurezza, hanno confidenza col mezzo e non disdegnano di esibirla. Portano il caschetto e ovviamente le sopragiacche fosforescenti che distinguono i ciclisti dublinesi. Purtroppo, all’occhio italicamente formato questi “giubbotti”, che pare ufficialmente si chiamino “gilet di sicurezza” (dov’era finita questa parola – gilet? Era dai tempi degli sceneggiati con Alberto Lupo e i varietà con Sandra Mondaini e Raimondo Vianello che non la sentivo), richiamano alla mente le ronde civili introdotte dal governo attualmente in carica nella penisola. E’ una reazione istintiva, a cui non si può opporre ragione.
Vedere sulla strade di Dublino questi giubbotti sbracciati riporta lo straniero in un ambiente quasi familiare, ma in una famiglia in cui ci sono troppi parenti che vorrebbe evitare. Sono arrivate anche qua?, si chiede lo straniero. No, le persone che indossano le giacche fosforescenti vogliono rendersi visibili dagli utenti più aggressivi della strada, è una forma di protezione.
Nell’altro caso, quello infaustamente “familiare”, le persone che le indossano vogliono rendersi visibili a tutti, affermare il loro micropotere. E’ una forma di aggressione, la loro. Un’aggressione visiva, prima che fisica.
Con questa precoce primavera, in strada si vedono anche gli ultimi arrivati tra i ciclocittadini. Sono quelli che hanno avuto una bici in prestito o se ne sono procurata una da poco. Li riconosci da certe caratteristiche: forse ignari della mobilità verticale del sellino, pedalano come fossere seduti (oops) sulla tazza del water, schiacciati in basso come lo zio quando voleva provare la bicicletta appena regalata al nipote per la prima comunione. Non badano alla comodità, all’efficienza, usano il mezzo come un oggetto che serve a un uso. Punto.
Spesso i nuovi arrivati hanno borse appese malamente al manubrio, a complicare un già precario equilibrio, come di chi non ha ben appreso i modi dell’andare in bicicletta. Di fronte a queste immagini contrastanti viene da chiedersi: perché lo fanno? A indurli in questa impresa c’è, va da sé, anche il clima economico. La recessione, l’urgenza di risparmiare per tempi che promettono poco di buono, sta spingendo molte persone verso la riscoperta della bicicletta. Nel Regno Unito sono molto frequentate le scuole per adulti, alcune a pagamento, altre offerte dall’amministrazioni locali: insegnano ad andare in bicicletta a chi non ha avuto questa fortuna durante l’infanzia.
Non è mai troppo tardi per imparare. 

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