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Il canto delle ruote di Claude Marthaler

Il canto delle ruote è un avvincente racconto di viaggio che il narratore ha compiuto nel corso di 7 anni in sella alla sua bicicletta. Partenza Ginevra, destinazione giro del mondo, attraversando i 5 continenti (Asia, Americhe, Africa, Europa).
Il viaggio, risulta da subito assai avventuroso avendo il protagonista pianificato il percorso solo per sommi capi e avendo deciso di mettere il meno possibile piede in strutture turistiche, affidandosi a quello che offrono la strada e le persone di volta in volta incontrate.
Ci si stupisce continuamente per le imprese atletiche compiute – il nostro supera le cime da 4.000 -5.000 m con la stessa facilità con la quale noi comuni mortali si va, per dire, al bar – e per l’apertura e la fiducia nei confronti degli altri esseri umani (una lezione questa che molti dovrebbero mandare a memoria). Spesso infatti riesce a conquistare la stima delle popolazioni attraversate e così a farsi aiutare nel portare avanti la sua “missione”.
Qualche incidente di percorso va detto accade, ma non per questo il viaggio termina: a qualche centinaio di km dalla partenza infatti il ciclista incappa, in due situazioni diverse, in loschi individui che cercano di derubarlo ed ucciderlo, ma entrambi gli episodi si concludono per fortuna felicemente.
Sono una costante invece le diatribe con le polizie di frontiera. Talvolta l’autore se la dà letteralmente a gambe per non dover pagare pedaggi assolutamente arbitrari e per non dover sottostare alle imposizioni riguardo i visti d’ingresso che malauguratamente spesso non ha, a causa del suo vagare senza un percorso preciso in mente. Altre volte invece, le sue condizioni suscitano anche nei doganieri una dose di compassione e in quei casi la giornata finisce in allegre bevute e mangiate.
Il viaggio ha momenti toccanti quando si affronta il Tibet ed i diritti di quella popolazione calpestati dal governo cinese e quando Marthaler ricorda il fratello, animato dal suo stesso spirito d’avventura, morto in una spedizione speleologica.
Le descrizioni dei luoghi attraversati sono per forza di cose abbastanza brevi, ma sempre ben costruite. Si intuiscono i luoghi più apprezzati perché in quel caso l’autore si dilunga maggiormente.
In conclusione, questo libro risulterà assai gradito a chi ama la letteratura di viaggio (per citare i più grandi: Whitman, Kerouac, Chatwin), il valore aggiunto è dato dalla comprensione delle cose che solo un viaggio “lento” quale quello compiuto su una bicicletta può dare.
Il viaggio si è concluso nel 2002, ma pare che Marthaler sia di ritorno da una ulteriore spedizione, per cui attendiamoci il racconto di nuovi luoghi e di nuovi incontri.

Paola Bianco

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