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Il piano delle biciclette bianche

Tutti sappiamo che l’Olanda è la patria della bicicletta e che Amsterdam è la città con il più alto tasso di mobilità ciclabile del mondo. Questo primato è tutt’altro che casuale e forse vale la pena di racontare brevemente la sua genesi. Anche perchè è lì che probabilmente va cercata la radice autentica del bike sharing: quello vero di alcune città come Parigi, mica quello “vorrei ma non posso” in salsa italiana.

Tutto ebbe inizio con il il “Piano delle biciclette bianche” del 1965, lanciato ad Amsterdam dal movimento dei Provos un caotico ensemble anarco-situazionista, che tra il 1965 e il 1967 ingaggiò una vera e propria guerriglia culturale non violenta contro le fondamenta del sistema di pensiero borghese di quegli anni e anticipando così buona parte delle parole d’ordine del ’68.

Il piano prevedeva la socializzazione delle biciclette preventivamente dipinte di bianco e messe a disposizione della cittadinanza di Amsterdam: bici gratuite, senza catene, che chiunque poteva prendere, usare e lasciare a piacimento un po’ come si fa con gli accendini e con le biro che in molti ambienti circolano liberamente. Veniva esaltato quindi il valore d’uso e non quello di scambio e l’economia in gioco non era quella di mercato, bensì quella del DONO. Il progetto ottenne un largo consenso tanto che le forze dell’ordine per arginarlo finirono per sequestrare le biciclette bianche diventando così, proprio loro, i ladri di quelle biciclette, fino a quel momento in dotazione gratuita, della comunità di Amsterdam. Un movimento che fu emulato in altre città (da Praga a Berkeley a Londra) e che ispirò il gruppo inglese dei Tomorrow che composero nel ’67 un brano intitolato appunto My White Bicycle. Ascoltatelo qui.

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